Può un oggetto, apparentemente identico, raccontare 20 storie diverse?
Si, se l’oggetto in questione viene ridotto alla sua forma essenziale, diventando il punto di partenza per realizzare uno studio di design davvero curioso: mettere a confronto l’uso di materiali e lavorazioni differenti, attraverso gli aneddoti e il lavoro di chi quell’oggetto lo ha realizzato.
Il progetto si chiama Diogenèa – A tale of bowls. Il protagonista è una ciotola, tonda. Un oggetto semplice, essenziale, universale.
L’idea è di ZPSTUDIO, atelier di architettura e di industrial design di Firenze: una folgorazione narrativa, per chi – come me – adora ascoltare le storie imprevedibili del saper fare e degli oggetti che ne derivano.
Le ciotole di Diogenèa sono state realizzate in 20 modi diversi da 20 artigiani toscani. Ognuno di loro – a proprio modo e grazie alla propria arte – è riuscito a trasformarla in un oggetto unico, capace di portare con sé una storia speciale e affascinante.
Marmo, uncinetto, erba palustre, legno carbonizzato, rame, sughero e altri ancora: la stessa ciotola è stata realizzata con un materiale differente, che racconta dell’utilizzo di tecnologie vecchie e nuove, di tradizioni manuali e produzioni pregiate, di territori italiani e antichi saperi, in alcuni casi destinati a scomparire per sempre.
Diogenèa – A tale of bowls è più di un progetto di design. É un racconto e un’indagine intima sugli oggetti di uso quotidiano, sui materiali possibili e sulle loro lavorazioni artigianali – lontani dalle logiche delle produzioni in serie – e che per lungo tempo hanno tenuto in vita e dato valore ad un territorio.
Ma è anche il racconto di Massimo, un tornitore di Firenze, che per realizzare la sua ciotola in rame ti direbbe che non bisogna mai dimenticare di estrarla dal tornio “ancora non finita, perché il rame deve essere ammorbidito con la fiamma”, per poterlo lavorare. Si posiziona la ciotola su un piedistallo in pietra che ruota e la si arroventa con la fiamma ossidrica. E a quel punto che “il colore del rame sotto il fuoco cambia in modo sorprendente e diventa rosso come la lava di un vulcano”.
E poi c’è il sughero e la storia di Giovanni, scorzìno di Calangianus. Lui ti potrebbe spiegare che per estrarre il sughero dalla quercia si usa un’accetta affilatissima, con cui si praticano tagli precisi sulla corteccia.
“Si usa il manico dell’accetta come una leva per staccare lo strato di sughero e se per errore si incide lo strato di corteccia sottostante rischiamo di rovinare irrimediabilmente la pianta, che deve invece rigenerarsi”.
Poi lei – la pianta – sarà pronta per un’altra decòrtica solo tra 10 o 12 anni.
Ma c’è pure chi deve fare i conti con la natura, come Matteo, un artigiano impagliatore di Fucecchio, che lavora l’erba palustre e racconterebbe che il Padule di Fucecchio è la più estesa palude interna italiana, sul confine tra Pistoia e Firenze.
Un patrimonio imprevedibile e difficile da governare: “Quest’anno il raccolto ha sofferto molte difficoltà perché il fiume era in secca. Per utilizzare l’erba palustre ci si deve confrontare con la natura ed assecondarla”.
La ciotola nera, invece, è in carbone. Poche persone sanno che in passato i carbonai si sfidavano in un gioco curioso: inserire dentro la carbonaia un oggetto di legno, anche di forma molto elaborata, e riuscire a carbonizzarlo alla perfezione.
“Il vincitore era colui che riusciva ad estrarre l’oggetto intatto”, racconta Simone, carbonaio di Pistoia.
Ma queste sono solo alcune delle 20 storie della ciotola realizzata per Diogenèa – A tale of bowls.
Il progetto di design di ZPSTUDIO, al di là della sua bellezza estetica, non può non far riflettere. Anche se a volte non ce ne rendiamo conto, quando scegliamo un oggetto, portiamo via con noi anche la storia di vita e di lavoro di chi l’ha realizzato. Il come. Il dove. E tutto il sapere che nasconde dentro di sé.
(Foto: credits ZPSTUDIO)